Chi siamo

una breve spiegazione sul nome…

Naufragio di Giovanna e Francesca nasce per diversi motivi: il naufragare implica un perdersi ed un ritrovarsi, invita a ricercare un nuova condizione, come nell’arte è sempre un inizio, in ogni progetto ci si perde e ci si ritrova se si da il massimo di noi stessi… un nome un po’ poetico in questo senso, ma in positivo. Ci piaceva il gioco che nella parola naufragio ci fossero racchiusi i nostri nomi: “nau” è la pronuncia in inglese di ora + le lettere iniziali del nostro nome (fra+gio), una parola quindi che racchiude un auspicio, l’incitare a mettercela tutta; forse non è commerciale e forse per questo ci si adatta, noi non lo siamo, sono anni che lavoriamo in un laboratorio di Montecarotto, nella provincia di Ancona, senza la minima visibilità, senza puntare sul mostrare ciò che facciamo, ma solo sul fare bene ogni giorno quello che ci piace fare. Anche il nome se vogliamo è una sfida.

Ci piacciono le sfide, prima di tutto con noi stesse. Ci piace pensare che ci si debba perdere nel proprio lavoro per identificarcisi totalmente, e che si possa vivere della propria arte, per il semplice motivo che oggi il mondo sarebbe migliore se ognuno seguisse le proprie inclinazioni, affrontando le mille difficoltà, ma seguendo ciò che si sente giusto fare. Il lavoro secondo vocazione di cui parlava A. K. Coomaraswamy E’ dunque attraverso il concetto del lavoro secondo vocazione, distinto dall’ordinario procacciarsi il pane esercitando un lavoro qualsiasi, che emerge la differenza gli oggetti esposti nel museo e quelli dei grandi magazzini. Si può fare di più, e meglio che in qualsiasi altra maniera, avverte Platone, solo nel caso in cui ciascuno svolge quell’unico lavoro per il quale è adatto e a cui la sua natura lo destina; il che può accadere nelle società preindustriali. In tali condizioni il lavoro svolto dall’uomo è quello che più corrisponde alle sue inclinazioni, e il piacere che ne trae completa l’opera… gli artigiani di stampo tradizionale, che ho incontrato in oriente, sono inseparabili dal loro lavoro, e vi si dedicano fuori orario anche a costo di rimetterci”. 

Per questo siamo del tutto anacronistiche nel senso di fare del nostro lavoro una vera e propria visione della vita, in una società del tutto diversa dal contesto storico di cui parlava Coomaraswamy, in fondo con i trompe l’œil o con i 3D fissiamo un punto di vista, il nostro, e ci costruiamo l’intera opera, così facciamo col nostro lavoro, misurandoci ogni giorno in una nuova avventura e traendone da essa quella vitalità istintiva che il lavoro creativo può regalare. Dopo anni, ancora la chiamata di un committente, che ci fa vedere una grande parete da trasformare, ci entusiasma, ci mette allegria, quella sensazione di rinascita di cui parlava G. Ungaretti nella poesia L’allegria della raccolta Allegria di Naufragi:

E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare.

«L’espressione Allegria di naufragi è un ossimoro, cioè parole vicine che hanno però un significato opposto; in questo caso naufrago è colui che si salva dopo una tempesta e la nave viene abbandonata; allegria indica uno stato lieto. Eppure dopo ogni naufragio l’uomo, il superstite sente rinascere in sé la volontà di ricominciare da capo: questa vitalità istintiva è la sua allegria. La duplicità insita in questa immagine si ritrova in tutta la sua produzione, incentrata sulla contrapposizione tra morte–vita, delusione–illusione»(Maurizio Dardano).

Con il nostro lavoro ci mettiamo ogni giorno alla prova, e non dipende dalle richieste perché i committenti di solito chiedono quello che già conoscono, ma siamo noi che viviamo le nostre opere con quella curiosità di provare sempre a spingerci verso qualcosa che non abbiamo ancora fatto, con l’attenzione di regalare ad ognuno un vero pezzo unico. Se osservate bene i nostri dipinti a trompe l’œil ad esempio, pur avendone fatti molti, troverete sempre in ognuno una propria storia, che racchiude in sé sia la personalità del committente, l’atmosfera di quell’ ambiente e ciò che noi abbiamo visto oltre quel muro.
O potremmo parlare dell’entusiasmo con il nostro primo dipinto 3D e la soddisfazione che avevamo quando gli spettatori partecipavano alla performance artistica in strada con i loro scatti fotografici portandosi a casa il ricordo di quell’evento. In ogni tecnica, in ogni commissione, in ogni atto creativo c’è compresa oltre la tecnica la tua visione della vita, la tua passione nel creare, la curiosità di una ricerca personale, ecco perché non può essere questo un semplice lavoro, non lo è, non esistono orari stabiliti di lavoro, perché la tua testa non stacca mai completamente… una semplice passeggiata può diventare uno studio di scatti fotografici che potranno servire per un paesaggio che ancora non ti hanno chiesto, ma che tu senti il bisogno di studiare.

Stavamo per chiudere la descrizione del chi siamo senza nessun riferimento anagrafico… siamo entrambe nate nel 1978, frequentato l’Accademia di Belle Arti di Macerata negli stessi anni dove appunto ci siamo conosciute, due caratteri e due aspetti differenti, questi ultimi li potete vedere nella foto di copertina nella quale ci siamo ritratte… riflessiva e introversa l’una, estroversa e impetuosa l’altra, ma riusciamo a compensarci e fare tesoro l’una delle capacità dell’altra, ci autoproclamiamo a vicenda e riusciamo a dividerci i compiti senza nemmeno stabilirlo, la caratteristica che sopra ogni cosa ci lega è la sensibilità, alla base del nostro lavoro artistico, che non è solo un semplice lavoro, ma per il modo col quale lo viviamo è molto di più.